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Lipidi e alimentazione sportiva: quanti e quali grassi consumare

lipidi e alimentazione sportiva

Quando si segue un programma per migliorare la composizione corporea e/o le  prestazioni, ci sono sempre molti dubbi su come gestire i grassi o lipidi e l’alimentazione sportiva, ovvero per ciò che riguarda le tipologie da scegliere, ma anche quanti grassi consumare.

Iniziamo col ricordare che i lipidi (o grassi alimentari) sono sostanze nutritive altamente energetiche e termo-regolatrici, molto importanti nell’alimentazione umana e sportiva, dal momento che, oltre a quella energetica, hanno anche funzione plastica (in quanto formano le membrane cellulari), regolano la produzione degli ormoni steroidei ed alcuni di essi sono necessari a garantire l’assorbimento delle vitamine liposolubili, come ad esempio la preziosissima vitamina D.

Il loro potere calorico è di 9 Kcal per grammo, decisamente più elevato (oltre il doppio) rispetto a carboidrati e proteine, che forniscono entrambi 4 kcal per grammo. Alla luce di questo, è già facilmente intuibile come sia relativamente più semplice salire con le calorie, quando si consumano molti grassi nella dieta.

Quasi tutti i grassi alimentari (dal 94 al 99%) sono insolubili in acqua e solubili in solventi organici. Sono rappresentati dai trigliceridi (o grassi neutri) che sono lipidi di deposito, formati da tre molecole di acidi grassi, legati ad una molecola di glicerolo. La restante parte è costituita da lipidi cellulari (colesterolo, glicolipidi e fosfolipidi).

I lipidi introdotti con l’alimentazione sono per la quasi totalità (98%) grassi di accumulo, ossia trigliceridi. Rappresentano pertanto un’importante fonte di energia e costituiscono anche la forma principale di riserva energetica, immagazzinata in gran parte nel cosiddetto pannicolo adiposo sottocutaneo. Ormai è risaputo che la capacità di immagazzinare grasso da parte dell’organismo, in caso di alimentazione eccessiva o inadeguata, è praticamente illimitata, infatti sono noti casi umani arrivati a pesare anche diverse centinaia di kg.

I trigliceridi subiscono nel duodeno un’emulsione, ad opera della bile, che li rende aggredibili da parte delle lipasi pancreatiche, che li scindono in due molecole di acidi grassi e in un monogliceride (1 molecola di glicerolo + una molecola di acido grasso).

Tipi di grassi alimentari e dove si trovano

I grassi possono essere innanzitutto di origine animale e vegetale e vengono poi così classificati:

  • Insaturi: quando mancano atomi di idrogeno e tra gli atomi di carbonio si formano dei doppi legami, capaci di fissare altri atomi.
  • Monoinsaturi: se è presente un doppio legame tra gli atomi di carbonio.
  • Polinsaturi: se esistono più doppi legami tra gli atomi di carbonio.
  • Saturi: quando non esiste alcun doppio legame tra gli atomi di carbonio.

Gli acidi grassi sono quindi costituiti da catene di atomi di carbonio (in genere da 2 a 24) sui quali si ancorano molecole di idrogeno e vengono infatti classificati anche in base alla lunghezza di queste catene. Da 1 a 5 atomi di carbonio sono acidi grassi a catena corta, da 6 a 12 a catena media, 13 a 21 a catena lunga, da 22 in su a catena molto lunga.

I grassi di origine vegetale (come l’olio extravergine d’oliva) sono solitamente da premiare, dal momento che sono i più ricchi di acidi grassi insaturi, indispensabili al nostro organismo. Ma non sono certo da abolire e demonizzare quelli saturi, anche perché, insieme ai monoinsaturi, contribuiscono alla produzione del testosterone.

Gli acidi grassi monoinsaturi si trovano, in parte, in molti alimenti di origine animale (uova, pesce, carni ecc.) ma le fonti principali più abbondanti, sono quelle vegetali (olio evo, frutta secca, avocado ecc.). Quelli polinsaturi si trovano nel pesce, nelle noci, in altri oli ed estratti vegetali. L’acido oleico è il più importante dei monoinsaturi e dovrebbe in linea di massima rappresentare il 50% dei lipidi assunti.

L’importanza degli omega-3

Si definiscono acidi grassi essenziali, alcuni grassi polinsaturi (acido linoleico, arachidonico, linolenico) che devono necessariamente essere introdotti con la dieta, perché l’organismo non è capace di sintetizzarli partendo da altre molecole (proteine e carboidrati) come avviene per i restanti acidi grassi. L’acido linolenico ad esempio, appartiene alla classe degli importanti e benefici omega-3.

Tra le numerose funzioni è fondamentale:

  • L’abbassamento del tasso di colesterolo.
  • La formazione delle membrane cellulari (specie quelle cerebrali).
  • La partecipazione alla sintesi delle prostaglandine (importanti per la regolazione dei vari ormoni).
  • La funzione antinfiammatoria.

L’introduzione di omega-3 attraverso l’alimentazione, diventa particolarmente importante negli atleti che hanno superato i 30 anni, per contrastare il fisiologico processo di declino enzimatico.

Per approfondire il discorso legato al corretto rapporto tra omega-3 e omega-6 nella dieta, suggerisco la lettura di questo post.

Grassi saturi, selezione e moderazione

I grassi saturi si trovano nei prodotti di origine animale (parte grassa delle carni, burro, panna e altri latticini, tuorlo d’uovo, strutto ecc.) e anche nei prodotti vegetali come ad esempio olio di cocco, olio di palma, cioccolata, olio di semi di cotone ecc.

Oggi sappiamo bene che un consumo eccessivo di grassi saturi può, oltre che far ingrassare, aumentare il rischio di alzare i livelli di colesterolo totale nel sangue e soprattutto di quello cosiddetto cattivo (LDL), peggiorando quindi i parametri e il rapporto. Infatti, negli adulti con elevato colesterolo LDL (> 130 mg.dl) l’apporto di grassi saturi non dovrebbe eccedere il 7% delle calorie totali e il colesterolo giornaliero dovrebbe essere limitato a non più di 200 mg al giorno.

Tra i prodotti che andrebbero estremamente ridotti, evitati o consumati con estrema moderazione abbiamo ad esempio:

  • parti grasse del maiale, del manzo e dell’agnello, lardo
  • pelle del pollame
  • prodotti caseari ad alto contenuto di grassi (latte intero, burro, formaggio, panna, gelato…)
  • oli tropicali: olio di cocco, olio di palma o burro di cacao

Gli acidi grassi saturi più diffusi sono gli acidi palmitico e stearico, ma anche l’acido laurico si trova in moltissimi alimenti.

Un consumo eccessivo di acido palmitico può innalzare il tasso di colesterolo nel sangue.

L’acido laurico è pro-infiammatorio, può anch’esso alterare il profilo lipidico ematico, innalzare il tasso di colesterolo nel sangue e aumentare la resistenza all’insulina.

L’olio di palma è sotto accusa da anni, oltre che per i motivi ambientali ben noti, anche e soprattutto per la massiccia quantità di acidi grassi saturi che contiene, in particolare l’acido palmitico (41%) e l’acido stearico (38%) che aumentano anch’essi la resistenza all’insulina e sono collegati ad una serie importante di tumori.

Purtroppo anche l’olio di cocco non scherza da questo punto di vista, essendo composto per oltre il 90% da grassi saturi, dei quali circa il 50% è rappresentato da acido laurico.

A volte non si capisce perché tante persone, si ostinino (spesso per moda), a consumare certi oli tropicali, quando in casa hanno il miglior prodotto che potrebbero scegliere, il nostro caro Olio Evo.

confronto oli vegetali

Prodotti come merendine confezionate, biscotti, crackers, pani confezionati, creme spalmabili e simili, sono tutti ricchi di grassi saturi che andrebbero evitati.

Gli acidi grassi con un numero di atomi di carbonio tra 6 e 10 vengono indicati come acidi grassi o trigliceridi a catena media, conosciuti anche con l’acronimo MCT (Medium Chain Triglycerides). Questi, a differenza di quelli a catena lunga, non richiedono emulsione biliare e vengono assorbiti direttamente dalle cellule intestinali, non è quindi necessaria l’azione enzimatica delle lipasi pancreatiche e raggiungono direttamente il fegato. Per questo motivo sono più facilmente assimilabili dal corpo umano e rappresentano un particolare vantaggio per chi presenta disturbi legati al cattivo o mancato assorbimento di grassi a livello intestinale.

I grassi MCT sono contenuti nell’olio di cocco, in quello di mandorla, nel burro e nell’olio di palma.

I grassi cattivi da evitare sempre

Ci sono infine dei grassi che andrebbero sempre evitati, perché sicuramente dannosi per la salute: si tratta dei grassi trans che nascono da quelli idrogenati.

Sono in origine grassi polinsaturi che subiscono una manipolazione, detta appunto idrogenazione, che serve per aumentare la solidità del prodotto. L’esempio più classico ed eclatante è quello della margarina, un vero e proprio scempio alimentare. E pensare che era nata per essere presentata come prodotto “più sano” del burro. A conti fatti però è esattamente il contrario.

Per fare un paragone: il burro contiene circa 3 g di grassi trans, su 100 di prodotto, ed è in ogni caso un alimento da utilizzare con estrema moderazione. La margarina ne contiene 15 g.

I grassi trans-idrogenati sono utilizzati dalle industrie alimentari per la lunga conservazione dei cibi, per aumentarne la palatabilità, a costi molto ridotti. Vengono usati anche nei fast food in fase di cottura.

Dove si trovano i grassi trans?

Si trovano anch’essi nelle merendine confezionate, in molti dolci come croissant, krapfen e snack di vario genere, nella margarina appunto, nei gelati (più che altro confezionati), nelle varie creme spalmabili, nel burro, nei cracker e tanti altri prodotti da forno, alimenti da fast-food ecc., ovvero, nella maggior parte di quella definibile come spazzatura alimentare. Attenzione perché si trovano anche nei dadi da brodo, nei preparati per minestre e in molti piatti pronti liofilizzati e/o surgelati.

Piccole quantità di grassi trans si trovano naturalmente in alcune carni e prodotti lattiero-caseari, tra cui manzo, agnello e grasso del latte. Nei ruminanti (ad es. mucca, pecora e capra), i grassi trans sono prodotti come intermedi durante la bioidrogenazione degli acidi grassi polinsaturi della dieta da parte di batteri anaerobici nel rumine.

Uno dei tanti studi ha dimostrato che i grassi trans di origine industriale e di origine naturale, hanno effetti diversi sui fattori di rischio di CVD (malattie cardiovascolari) nelle donne. La tipica proprietà di riduzione del colesterolo “buono” HDL, da parte dei grassi trans, sembra essere specifica delle fonti industriali. Tuttavia, è difficile trarre una conclusione sull’effetto dei grassi trans, da entrambe le fonti, sul rischio CVD assoluto (in soggetti normolipidemici).

Sui grassi trans non esistono veri e propri quantitativi raccomandati, soprattutto per quelli industriali. Tempo fa l’OMS aveva detto massimo l’1% delle calorie introdotte con la dieta, ma attualmente hanno posto l’obiettivo di eliminare completamente la presenza di grassi trans negli alimenti. Dunque, la “raccomandazione” ufficiale rimane: “meno è, meglio è“.

Il fabbisogno di grassi

In linea generale la percentuale del fabbisogno energetico derivante dai grassi e dagli oli, varia anche in funzione dell’età:

  • 35-40% fino ai 2 anni.
  • 30% fino all’adolescenza
  • 25% in età adulta.

In tutte le fasce considerate però, la percentuale di acidi grassi saturi, non dovrebbe superare il 10% delle calorie totali.

Più aumenta il consumo di grassi nella dieta, più dovrebbe salire l’apporto di grassi monoinsaturi. Al contrario, se si riduce molto il quantitativo totale di lipidi, può salire il consumo di grassi saturi.

Come gestire i grassi nel bodybuilding

Nell’ambiente Fitness-Bodybuilding, si tende spesso a ridurre drasticamente o addirittura ad eliminare del tutto i grassi dalla dieta, per far posto alle proteine (e magari ai carboidrati) ma questo è un errore, perché oltre a fornire senso di sazietà e rappresentare una fonte energetica, non bisogna mai dimenticare il loro contributo alla produzione ormonale del nostro amato testosterone (che parte per l’appunto da molecole di colesterolo) utile, come sappiamo, per la forza e la crescita muscolare.

I grassi possono comunque aiutare ad introdurre le calorie necessarie a mantenere il surplus calorico, dal momento che sono gustosi, facili da aggiungere ai cibi ed occupano poco spazio nello stomaco, per cui rendono più semplice una dieta ipercalorica per chi ha difficoltà a metter su peso o ha poco appetito.

Detto ciò e appurato che il fabbisogno proteico segue delle regole ben precise (leggi questo articolo di approfondimento) e non deve essere casuale o seguire la regola del “di più è sempre meglio”, per il resto, ci stanno benissimo gli approcci low fat ed è sicuramente corretto e consigliato privilegiare i carboidrati (senza eliminare i grassi del tutto!).

Dobbiamo sempre ricordare che la nostra è un’attività anaerobica (in assenza di ossigeno) e prettamente glicolitica (funziona a zuccheri!) per la maggior parte dei protocolli di allenamento, soprattutto di ipertrofia. Pertanto non ha senso puntare troppo sui grassi, mentre invece ha molto più senso puntare sui carbo che aiutano tantissimo dal punto di vista della performance, del pump ecc.

Sarebbe assurdo stare a 150 g di grassi al giorno, a meno che non sei un armadio di oltre 2 metri per 140 kg o in ogni caso un soggetto con un NEAT elevatissimo (lavoro in primis). In linea generale, ritengo quindi che l’approccio più sensato per i bodybuilder, sia quello di rimanere su 0,8-1 g/kg di peso corporeo al giorno.

Per gli avanzati e coloro che non hanno problemi con grosse quantità di cibo, la miglior strategia potrebbe consistere nel tenere i grassi al minimo (0,6 g/kg al giorno) raggiungendo la condizione ipercalorica con i carboidrati.

La cosiddetta C:G ratio, ovvero il rapporto tra carboidrati e grassi, si ottiene dividendo i grammi di carboidrati totali della settimana per i grammi di grassi totali. Questo numero dovrebbe essere compreso tra 5 e 10 per mantenere un buon equilibrio fisiologico, senza sbilanciamenti eccessivi né da una parte né dall’altra.

Personalmente ho notato che quando eccedo con i grassi, oltre lo 0,8-0,9 g/kg, la mia composizione corporea peggiora quasi sempre. Mentre i carbo li gestisco benissimo, anche oltre i 500 g al giorno. Ovvio, come sempre tutto dipende da come e quanto ci si allena e da come e quanto ci si muove.

Del resto sappiamo che è più facile che i grassi in eccesso vengano depositati nell’adipocita, mentre i carboidrati in eccesso, è più facile che vengano ossidati in calore piuttosto che convertiti in grassi. Ricordo e sottoscrivo, purché si parli di soggetti sani e ATTIVI, che si allenano con regolarità e intensità… e a patto che l’apporto di lipidi sia moderato/limitato.

In linea di massima potremmo dire che l’apporto di grassi non dovrebbe andare oltre il 25% dell’introito calorico e comunque non sotto i 35-40 g al giorno.

Le donne non dovrebbero scendere sotto i 40-60 g di grassi al giorno, poiché vi è una percentuale minima fisiologica di grasso essenziale da mantenere.

Più il soggetto svolge attività glicolitiche, come nel classico lavoro di ipertrofia da palestra, o negli sport di velocità, più la percentuale di grassi può essere ridotta, perché il metabolismo preferenziale è quello dei glucidi. Al contrario, più la persona è sedentaria (pace al metabolismo suo), più la percentuale di grassi dovrebbe salire, a scapito di quella di carbo.

Nelle discipline di lunga durata e media intensità, l’introduzione di acidi grassi diventa fortemente indispensabile.

In ogni caso c’è chi “funziona meglio” alzando i grassi e abbassando i carboidrati e chi invece si troverà sempre meglio tenendo alti i carbo e medi o bassi i grassi. Indubbiamente un bodybuilder, farebbe a puntare a diventare un bravo ossidatore di zuccheri.

E quando arriva il momento di fare definizione/dimagrimento? Entrambe le due scuole di pensiero (quella low fat e quella low carb) possono dare risultati. Tutto dipende dal protocollo di allenamento seguito e naturalmente dalla variabile principale, quella che spesso tutti dimenticano: IL SOGGETTO. Come ripeto da sempre, bisogna imparare ad ascoltarsi.

Uno studio di Eric Helms e Alan A Aragon del 2014 asseriva che in deficit, la maggior parte ma non tutti i bodybuilder, risponderà meglio al consumo di 2,3-3,1 g/kg di massa corporea magra al giorno di proteine, il 15-30% delle calorie dai grassi e il resto delle calorie dai carboidrati.

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RIFERIMENTI

  • Executive Summary of The Third Report of The National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, And Treatment of High Blood Cholesterol In Adults (Adult Treatment Panel III). JAMA. 2001 May 16;285(19):2486-97
  • Evidence-based recommendations for natural bodybuilding contest preparation: nutrition and supplementation.
    Eric R Helms, Alan A Aragon,2 and Peter J Fitschen. PMID: 24864135
  • Do trans fatty acids from industrially produced sources and from natural sources have the same effect on cardiovascular disease risk factors in healthy subjects? Results of the trans Fatty Acids Collaboration (TRANSFACT) study. PMID: 18326592
  • Fitness: La guida Completa. International Sports Sciences Association (ISSA). Edizioni Sporting Club Leonardo Da Vinci.
  • Fitness: Un approccio scientifico. Vivian H. Heyward. Edizioni Sporting Club Leonardo Da Vinci.

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2 commenti su “Lipidi e alimentazione sportiva: quanti e quali grassi consumare”

  1. Ma in pratica, l’olio evo, va bene nel condire l’insalata o è da evitare solo in caso di dieta? Voglio perdere massa grassa ma guadagnare in muscoli e non so perché ma (seppur lo uso ancora come condimento, e non un esagerazione) mi spaventa e mi da l’impressione di contrastare il mio obiettivo. Inoltre, essendo di Modena, utilizzo l’aceto balsamico. Può andare bene per i sopra citati obiettivi? Per il sale, solo e sempre rigorosamente sale rosa.
    Grazie in anticipo!

    1. Ciao Matteo, nella propria alimentazione ci deve essere eccome il giusto quantitativo di grassi. L’olio Evo ba benissimo ed è una buona fonte di acidi grassi monoinsaturi, ma ci deve sempre essere il controllo di quello che si fa. Non è quindi corretto prendere la bottiglia dell’olio e utilizzarla così come viene a occhio sulle insalate o pietanze che siano, ma ci si deve regolare o con i cucchiai o mettendo magari il piatto o contenitore su una bilancia e pesando successivamente. Un cucchiaio sono all’incirca 10-12 g di olio, per un apporto di circa 100 kcal.
      L’olio andrebbe utilizzato possibilmente sempre a crudo.

      Anche l’aceto balsamico non rappresenta un particolare problema ma occhio ai valori, ce ne sono molti con un contenuto modesto e trascurabile di zuccheri, altri (come il mosto) che hanno invece un carico decisamente più sostanzioso.

      Per quanto riguarda il sale invece, non ci sono differenze tra le varie tipologie colorate in commercio. Il sale rosa è solo marketing e per altro viene spesso chiamato Sale rosa dell’Himalaya ma quel prodotto l’Himalaya non l’ha mai visto.
      Per quanto mi riguarda il sale aggiunto non si dovrebbe nemmeno utilizzare, dovrebbe essere concesso unicamente quello nell’acqua di cottura del riso ad esempio. Il sodio è già presente negli alimenti.

      Le persone purtroppo sono assuefatte da determinati gusti e quando si mangia un’insalata o delle verdure, non ci aspetta il gusto dei vegetali al palato, ma dei condimenti…questo dovrebbe far riflettere.
      Saluti

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